martedì 29 dicembre 2009

Dove nasci quest’anno?




di + Domenico Sigalini


Quella notte in cui Giuseppe e Maria giravano angosciati in cerca di un posto per la nascita del figlio c’era silenzio sulla terra, era proprio il momento del massimo silenzio.
I giochi erano fatti. Erano terminate finalmente le ore di coda sul raccordo anulare, tutti avevano fatto la spesa, avevano salutato amici, avevano riempito di pacchi l’automobile,
avevano scialato nonostante le difficoltà economiche, erano tutti a cena in famiglia, finalmente con un po’ di pace. Forse per una sera abbiamo smesso di litigare, di guardarci da soli la nostra ennesima partita o di stare in facebook o al cellulare a giocare
e ci siamo guardati in faccia. Abbiamo visto che il tempo passa, abbiamo fatto un veloce bilancio della vita, in qualche famiglia c’è un posto vuoto che ancora non riusciamo a
colmare nel nostro dolore. 

Quella notte  non c’era più nessun posto dovunque ti girassi. C’è sempre in ogni convivenza umana una casa che può aprire all’ultimo momento anche lo sgabuzzino più
maleodorante e sguarnito. Nemmeno quello. 

La terra è tua, sicuramente non ti può contenere, ma ora non è nemmeno lo sgabello dei tuoi piedi. Signore mio è così che fai nascere il futuro del tuo popolo? E’ così
che lanci al mondo la sfida definitiva della bontà? Non hai scelto una piazza piena di gente, non hai voluto piegare alla tua volontà gli uomini che hai posto a rappresentarti in
terra. Stavano sicuri nel Tempio a controllare che tutto fosse secondo gli schemi della tradizione, diventata piuttosto una prigione. Hai scelto il silenzio. Hai scelto quello che non conta, hai deciso di non importi, come sempre, ma di proporti.

Noi ti aspettiamo altrove; ti aspettiamo nei nostri talk show:  la campanella suona, parte la sigla, ma tu non entri mai. Ti aspettiamo nelle nostre tensioni economiche, ma ci
stiamo convincendo che possiamo arrangiarci da soli, e torneremo come prima; speriamo in una puntata del lotto, ma il tuo numero non esce mai. Aspettiamo un annuncio sui
giornali, ma non ci sei. Dicono sempre con monotonia che sei morto. Lo dicono a scuola con tanta saccenteria, lo dicono gli scienziati che non riscono nemmeno a descrivere
come è fatto il mondo che hanno sotto i piedi, lo dicono quelli che hanno sempre in bocca il tuo nome, solo per usarti. 

Un posto ti hanno lasciato quest’anno, quello del crocifisso. Li ci puoi stare, lì sappiamo che ancora ci sei, che vieni ancora a ricominciare la tua storia d’amore, la tua
proposta di felicità, il tuo desiderio di pace. Ricominci da lì quest’anno il tuo natale: non è una culla, non è una capanna, è una parete bianca, non ancora ritinteggiata, da cui ti hanno tolto e da cui non si può cancellare l’alone della tua fine. Quest’anno riparti dalla
fine, per farci capire che non dobbiamo vedere il tuo natale come una serie di sentimenti tenui per dare placebo alla nostra sete di vita. Riparti dalla fine per dirci che quel bambino è solo e soprattutto amore puro, fino al dono della vita. Ci sveli che essere cristiani oggi è finire crocifissi sugli alberi,  è condividere tende e case di legno con chi
sta vivendo su una terra sconquassata dal terremoto, è stare in carcere a morire per i calci e le botte, è finire sulle carrette del mare.

Ti riconosceremo ancora Signore. La tua chiesa, la tua fragile barca, che spesso sembra prendere scorciatoie o rimanere vittima della burrasca, è sempre ancora lì a dirci
che il tuo amore è senza condizioni, la speranza che hai seminato nel cuore di tanta gente semplice ti tiene sempre attaccato a questa terra. Noi a messa ci andiamo ancora, ci andiamo non solo a Natale; spesso non riusciamo a vederti, ma sappiamo che ci sei,
che ancora la tua parola la possiamo ascoltare, il tuo corpo lo possiamo toccare, la tua forza la possiamo sentire, il tuo spirito ci riempie di vita. 

Ci metteremo in fondo o dietro le colonne come il pubblicano, abbiamo bisogno di conversione, ma aspettiamo la tua carezza che ci faccia alzare lo sguardo, che riempia di nuovo le nostre famiglie della tua speranza, della tua pace. Ritorneremo alle fatiche di
ogni giorno, le accettiamo come l’unico modo di condividere la tua passione per l’umanità, ma avremo nel cuore te piccolo bambino indifeso, all’ombra di una croce, dito puntato verso la risurrezione.

La gente con cui abbiamo ogni giorno a che fare ci dice: cùrvati, che noi ti passiamo sopra invece tu ci dici: svegliati, svegliati, indossa le vesti più belle, scuotiti la
polvere, alzati, sciogliti le catene che ti condannano al palo del tuo egoismo, del vizio che ti rende infelice la vita. Le sentinelle alzano la voce, gridano di gioia perché vedono con i
loro occhi il ritorno del Signore. Tutti vedranno la salvezza del nostro Dio.

Abbiamo bisogno di un colpo di reni, di una botta di vita. Il futuro che ci sta davanti non è una quantità di giorni, ma la larghezza di nuovi orizzonti. Quella grotta ha
aperto gli orizzonti agli uomini di duemila anni fa e ancora non sono chiusi. Gesù ci dice che in ogni difficoltà la risorsa principale siamo noi; abbiamo un’anima non solo un corpo. Abbiamo una fede non solo una abitudine, abbiamo progetti non solo adattamenti;
abbiamo la vita che è dono di Dio e che è sempre più grande di ogni nostra miseria o schiavitù. 

O Signore la contempliamo in te e tu dacci sempre la forza di amarla fino alla fine.



venerdì 25 dicembre 2009

S.NATALE 2009

E’ Natale ogni volta


che sorridi a un fratello


e gli tendi la mano.


E’ Natale ogni volta


che rimani in silenzio


per ascoltare l’altro.


E’ Natale ogni volta


che non accetti quei principi


che relegano gli oppressi


ai margini della società.


E’ Natale ogni volta


che speri con quelli che disperano


nella povertà fisica e spirituale.


E’ Natale ogni volta


che riconosci con umiltà


i tuoi limiti e la tua debolezza.


E’ Natale ogni volta


che permetti al Signore


di rinascere per donarlo agli altri.


Madre Teresa di Calcutta


L'Azione Cattolica di Baone augura a tutti
           un felice e sereno Natale.


Lasciarsi illuminare




Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».



Provo a condividere con voi quello che mi pare possiamo considerare come una chiave di lettura delle pagine di vangelo che la liturgia ci propone di meditare dalla messa della notte a quella del giorno di Natale. Sono aiutato in questo anche dal bel manifesto che il comune ha affisso in occasione delle feste di quest’anno. Si, perché l’attenzione di chi guarda l’immagine che è stata scelta viene immediatamente catturata dalla luce sfolgorante che proviene dal Bambino deposto nella mangiatoia.
Gesù è la luce! Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo scrive Giovanni nel suo vangelo. E’ un tema che percorre tutto il vangelo quello della luce, un segno della presenza di Dio. Pensando alla luce mi viene in mente questo: senz’altro è bellezza, ma è anche responsabilità, perché a seconda di come cade, di come illumina svela anche cose che sono nascoste o delle quali non vorremmo vedere l’esistenza.
Vogliamo, in questa notte, lasciarci illuminare, guardarci con verità, per far si che la nostra vita prenda una direzione che sia luminosa, il più evangelica possibile. Senza paura di essere giudicati, perché Dio non è un vigile, un carabiniere, un pubblico ministero, ma è un bambino: la luce proviene da lì, da quella vita povera, fragile, indifesa, consegnata, proviene da un bambino, e di un bambino non si può avere paura.
Ecco che la luce non soltanto porta un po’ di chiarezza sulla nostra vita, ma anche sul volto di Dio. Ripeto, non un giudice implacabile, ma un bambino. Ecco che forse la celebrazione di quest’oggi può diventare un’occasione importante per interrogarsi su quello che, normalmente, consapevolmente o meno riteniamo inutile o superfluo: chi sono io veramente? La mia voglia di vivere, di condividere, di relazionarmi, di fare festa con chi mi sta intorno. Ma anche il mio volto, le mie maschere, le mie paure, le mie tristezze, i miei sbagli, i miei errori. Ma anche chi è Dio, cosa c’entra con la mia vita? Per dare una risposta a questo forse possiamo immedesimarci nei personaggi di cui ci narra il vangelo questa sera.

Per qualcuno che è qui, in attesa di un bimbo: ecco che possiamo farci aiutare da loro per capire la relazione di Maria e Giuseppe con Dio, con quel Dio che si svela e manifesta non lontano, non chiuso nella sua perfezione ma al contrario un Dio vicino, povero, fragile, mite, tutt’altro che perfetto secondo certi schemi e canoni. Contempliamo Dio presente nei più piccoli per avere la possibilità di comprendere sempre meglio quanta tenerezza ci sia in Dio per ognuno di noi.

Ma forse qualcuno si può riconoscere anche nei pastori, per la loro semplicità o magari per la loro capacità di stare al loro posto, fedeli ad un mestiere duro e difficile (soprattutto d’inverno), fedeli ad un compito, fedeli ad una custodia. E’ proprio vero che il Natale ti incontra lì, se sai stare al tuo posto. I pastori, nei quali si possono riconoscere tutti gli esclusi, tutti coloro i quali non contano nulla nella società, tutti coloro i quali sono ritenuti in un certo modo spregevoli, sono oggetto di una certa predilezione: sono i primi a godere della lieta notizia.

Infine Gerusalemme, una grande città che doppiamente può essere presa come simbolo:
simbolo del rifiuto di Gesù. Non tutti si rallegrano a Gerusalemme per la sua nascita, c’è chi ha paura di questo bambino perché può portagli via il potere, c’è chi pensa che il Messia non può venire da una simile storia di umiltà, povertà, rifiuto, qualcuno lo condannerà questo bambino una volta diventato adulto, qualcuno lo ucciderà: ma su tutti questi splende quel volto del quale accennavo prima, il volto di un Dio che non viene per condannare, il volto di un Dio non accolto, rifiutato, ma che non rifiuterà mai nessuno perché il suo nome è misericordia, perdono, accoglienza, il suo nome è Emmanuele, che significa Dio-con-noi, non contro-di-noi.
Ma Gerusalemme è anche un altro simbolo secondo me: proprio perché è una grande città è il 
simbolo dell’intrecciarsi di tanti cammini, i più diversi, l’intrecciarsi dei nostri cammini che questa sera si incontrano grazie ad un bambino che ci chiama ad adorarlo. Qualcuno più affaticato dalla vita, con tante domande che bruciano dentro, qualcuno che più superficialmente si avvicina al tempio mosso da una “usanza” soltanto, qualcuno che spera di ritrovare un senso, un significato per la sua vita, qualcuno che sinceramente desidera accogliere e custodire il lieto annuncio degli angeli…

Cammini diversi dicevo, ma su tutti, proprio su tutti splende Gesù, splende quella luce dalla quale stasera siamo partiti, 
la luce vera, quella che nessuno esclude, perché illumina ogni uomo.

domenica 20 dicembre 2009

Dio viene come vita e come gioia


Dal Vangelo secondo Luca 
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore”
Allora Maria disse: “L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva”.



Nel Vangelo profetizzano per prime le madri, due donne con il grembo carico di cielo, abitate da figli inesplicabili. Maria ed Elisabetta sono i primi profeti del Nuovo Testamento: la prima parola di Dio è la vita.
Dio viene come vita. Due donne, la vergine e la sterile, entrambe incinte in modo «impossibile» annunciano che viene nel mondo un «di più», viene ciò che l'uomo da solo non può darsi.
Dio viene come gioia. Per due volte Luca ripete che il bambino salta di gioia nel grembo. In quel bambino è l'umanità intera che sperimenta che Dio dà gioia, la terra intera che freme per le energie divine che in essa sono deposte ogni giorno.
Dio viene come abbraccio. La preghiera di Maria non nasce nella solitudine, ma nell'abbraccio di due donne, in uno spazio di affetto. Dio viene nelle mie relazioni, mediato da persone, da incontri, da dialoghi, da abbracci. «Le mie braccia allargate sono appena l'inizio del cerchio. Un Amore più vasto lo compirà» (M. Guidacci).
«Benedetta tu fra le donne!» La prima parola di Elisabetta è una benedizione che da Maria discende su tutte le donne. Benedetta sei tu fra le donne che sono, tutte, benedette. Ad ogni frammento, ad ogni atomo di Maria, sparso nel mondo e che ha nome donna (G. Vannucci) vorrei ripetere la profezia di Elisabetta: che tu sia benedetta, che benefico agli umani sia il frutto dell'intera tua vita.
Ogni prima parola tra gli uomini dovrebbe avere il «primato della benedizione». Dire a qualcuno «ti benedico!» significa vedere il bene in lui, prima di tutto il bene e la luce, e il buon grano, con uno sguardo di stupore, senza rivalità, senza invidia. Se non imparo a benedire chi ho accanto, la vita, non potrò mai essere felice.
Ogni prima parola con Dio abbia il primato del ringraziamento. Come fa Maria con il suo Magnificat, che è il suo Vangelo: la lieta notizia dell'innamoramento di Dio, che ha posto le sue mani nel folto della vita. Per dieci volte Maria ripete: è lui, è lui che guarda, è lui che innalza, è lui che riempie, è lui. Il centro del cristianesimo è ciò che Dio fa per me, non ciò che io faccio per Dio. Anch'io abiterò la vita con tutta la mia complessità, con la parte di Zaccaria che fatica a credere, di Elisabetta che sa benedire, con la parte di Maria che sa lodare, di Giovanni che sa danzare, portando in molti modi il Signore nel mondo. E forse verrà pronunciata anche per me la parola: Benedetto sei tu perché porti il Signore, come Maria.

domenica 13 dicembre 2009

Chi ha due vestiti, ne dia a chi non ne ha


Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”.
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: “Maestro, che dobbiamo fare?”. Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”.
Lo interrogavano anche alcuni soldati; “E noi che dobbiamo fare?”. Rispose: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe”.
Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile”.
Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.

E' la domenica della gioia. "Rallegratevi nel Signore, sempre, ve lo ripeto, rallegratevi: il Signore è vicino". "Non temere, non lasciarti cadere le braccia: il Signore Dio che è vicino a te, è un salvatore potente". Quanto è importante affrontare le situazioni e i problemi della vita con la luce della fede! E' importante essere sereni, avere fiducia, non scoraggiarsi. Il Signore è vicino, con noi c'è il Signore, Lui sa di che cosa abbiamo bisogno. Anche nei momenti più difficili, vogliamo credere e sperimentare che è un Salvatore potente e farà tutto per noi, anche al di là delle nostre attese. E il messaggio del vangelo ci indica la strada della gioia che consiste nell'amore al prossimo e nella fedeltà ai nostri doveri. Giovanni Battista ci dice come dobbiamo vivere l'Avvento, come dobbiamo vivere davanti al Signore, nell'attesa di Lui, come dobbiamo vivere la vita, nella scelta dei valori fondamentali. Alla domanda: Che cosa dobbiamo fare? Egli risponde: "Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto". Quale concretezza se vogliamo vivere la conversione del cuore e della vita, se vogliamo vivere la giustizia e dare dignità e possibilità di esistenza a chi ci è fratello, ovunque si trovi! "Possiedo ciò che ho donato", ha scritto qualcuno. Sulla terra possiedo ciò che ho messo in banca per la vita eterna, possederò ciò che ho messo nella banca di Dio, che è il prossimo: la famiglia (la sana cura della famiglia), gli altri (le situazioni che incontro e nelle quali posso intervenire), i poveri e i sofferenti (presenza specifica di Cristo). Come è attuale e necessario questo richiamo nel mondo di oggi, in tante situazioni vicine e lontane! Il mondo vive le forme più gravi dell'ingiustizia: i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri (o impoveriti, a causa dello spreco dei ricchi) Come cristiani siamo chiamati per primi alla conversione, cioè a servire la verità e la dignità di ogni vita, di ogni persona. Siamo chiamati a vivere la sobrietà, per non lasciarci scivolare nella logica del consumismo e dello spreco, per imparare a condividere con gli altri quanto abbiamo. Abbiamo anche il dovere di denunciare, richiamare, testimoniare, perché il mondo cambi rotta, anche se può sembrare impossibile (ma nulla è impossibile a Dio e agli uomini di buona volontà). Possiamo farlo anche con piccole azioni concrete: solo così possiamo sentirci "uomini" e "cristiani". "Chi ha due tuniche..." "E' dando che si riceve..." dice la preghiera di S. Francesco. Ognuno deve compiere bene il proprio dovere. Giovanni, ai pubblicani, risponde: "Non esigete nulla di più di quanto è dovuto"
Ai soldati ricorda di accontentarsi delle proprie paghe e quindi di non fare violenza per i propri interessi. "Dopo di me viene uno che è più grande di me". E' il momento in cui si vede la grandezza e l'umiltà di Giovanni Battista. Non è venuto per sé, non ha attirate le persone a sé, ma le ha preparate per il Cristo e ora gliele vuole affidare. Sentirà anche lui le strette al cuore dell'istinto umano, ma sa gioire perché seguono Gesù, il vero Salvatore, come faranno anche due dei suoi discepoli.

martedì 8 dicembre 2009

Avvento:attesa di un Dio che si fa BAMBINO



Tra le tante fortune che possono capitare nella vita, quella di un bambino è forse la più straordinaria.
Eccolo, il nostro biglietto vincente! Non pensiamo alla fortuna economica di una vincita alla lotteria, piuttosto a quanto si guadagna in termini di maturità umana, di crescita personale. Adulti che hanno accanto un bambino sono persone che hanno avuto un’occasione speciale per migliorarsi, per affrontare nuove sfide.
Questa fortuna è il figlio, ciascuno dei nostri figli; ma anche il nipote, il vicino di casa di cui – quando possibile – ci si prende cura, il figlio di amici, il figlioccio. Vogliamo credere che un bambino abbia la forza di rendere migliori gli adulti che gli sono accanto, di portare novità nella loro vita.

Se c’è un motore in grado di attivare processi di cambiamento nella famiglia e nella società, questo è il bambino! Basta pensare a che rivoluzione nella vita di una coppia è la nascita di un figlio: muta abitudini, ritmi, ma – a livelli profondi – anche desideri e bisogni. Riesce a mettere in discussione la scala delle priorità, a modificare gli spazi di casa, a dare voce a sentimenti prima sconosciuti.

Il bambino è in grado anche di trascinare gli adulti nei musei e nelle biblioteche, di suggerire strategie per migliorare la vita nelle città, di indurre i genitori ad assumere un ruolo di partecipazione attiva nella scuola. Accade che in molte famiglie immigrate sia proprio il bambino a tenere vivo il desiderio di integrazione. Talvolta è il più piccolo a rivelare i punti deboli della famiglia, a sciogliere i nodi e legare i fili spezzati.

domenica 6 dicembre 2009

Non lasciamoci scippare il Natale



Dal Vangelo secondo Luca
Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
“Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sia riempito,
ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti;
i luoghi impervi spianati.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!”.

Il mese di dicembre è sicuramente il più convulso. Credo sia il mese del traffico più intenso per le vie delle città, il più caotico per le poste, il più difficile per i trasporti, il più esagitato per il commercio, il più snervante per gli scioperi. Si va , si viene, si acquista, si prepara, si regala, si spende. C'è nell'aria un'attesa. Nelle nostre civiltà occidentali è al suo apice l'operazione Natale. E' purtroppo l'attesa di un mondo ricco che si concentra sul consumo, ma l'origine di questa convulsione è un fatto storico che ha cambiato il mondo, che ha diviso la storia in due: prima e dopo lui, prima e dopo Cristo. Tutto questo caos, allora, è per Lui? Stiamo perdendo la testa perché vogliamo trovargli un posto, stiamo comperando perché c'è da fargli un regalo, stiamo accendendo luci per indicargli la strada per la sua venuta, stiamo riempiendo di stelle filanti, di lustrini, di neon le nostre case per fargli trovare un posto caldo, accogliente; stiamo facendoci regali per far sparire dai nostri volti ogni traccia di mestizia, perché Lui è la gioia?! Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate strade, riempite avvallamenti, spianate alture.... Noi cristiani ci siamo forse lasciati scippare il Natale dai negozi. Non c'è posto per questo bambino che nasce, gli tocca cercare un altro luogo. Qui non c'è posto per lui. A meno che... A meno che, dentro questa festa del commercio, che non ci scandalizza, né ci soffoca, sappiamo recuperare una dimensione interiore, sappiamo fare spazio alla preghiera, sappiamo metter nel conto delle spese, nell'elenco delle possibilità della tredicesima un preciso impegno per il povero. Ci possono stare tutte le luci che vogliamo, purché nel tuo mese di dicembre decidi due o tre cose semplici:
- una mezza giornata di deserto in cui stacchi la spina, fai a meno di una notte da sballo, talloni   un prete o una guida spirituale per far chiarezza nella tua vita, preghi e rileggi i primi capitoli del vangelo di Luca;
- decidi una percentuale su tutte le spese che fai, da destinare ai poveri;
- accogli per alcuni mesi nella tua seconda casa gente senza tetto;
- trascorri una giornata in ospedale a fianco di chi soffre.
Così porti Speranza.
Ma io, per me, la speranza dove la trovo?

domenica 29 novembre 2009

Avvento: Dio ci viene incontro



Un’occasione, quella dell’Avvento. E come tutte le occasioni si

possono prendere o perdere. Un percorso a tappe che ci accompagna
settimana dopo settimana al Natale, il giorno in cui ricordiamo
la nascita di Gesù, Dio che si è fatto uno di noi. E il termine Avvento
ricorda esattamente questo, dal latino ad-ventus = venuta, arrivo.
Avvento è quindi attesa. I Cristiani sono coloro che attendono Cristo.
Un popolo dell’attesa, ma non un’attesa passiva, perché è “tendere
verso”, andare incontro, cercare l’incontro e attenderlo con
gioia. La forza dell’Avvento è che ci fidiamo dell’Atteso. Andiamo incontro
a chi ci viene incontro e si dona a noi: Gesù.
L’Avvento apre al dono del Natale. Grande è la consapevolezza e
la gioia che Dio e l’uomo si sono attesi, desiderati, incontrati e camminano
insieme. Nulla può fermarli, nulla può separarli; nell’attesa
si sono donati reciprocamente qualcosa di prezioso: se stessi.
Quando Dio creò gli uomini, volle donare loro qualcosa che gli uomini
non possedevano: la parola. Aveva ben riflettuto: aveva dato loro
due orecchie per ascoltare e una bocca per parlare. «Le parole sono
preziose», pensò, «perciò devono essere pronunciate con attenzione
e giungere ad orecchie attente».
Così pensava Dio; gli uomini avevano però altre idee. Presto si resero
conto di quanto si potesse fare con le parole e ognuno iniziò a
usarle a suo uso e consumo: urlando, mentendo, usando le parole
per non farsi capire.
«Che cosa è successo alle parole?», pensò Dio e mandò una Parola
nel mondo, una parola lieve, così lieve che le parole altisonanti
non la udirono; una parola profonda, così profonda da non poter essere
rimossa dalle parole superficiali; una parola vera, così vera che
le parole false non la riconoscevano. Questa parola è Gesù, la parola
di Dio che dice: «Io ti voglio bene, io vi voglio bene».

sabato 28 novembre 2009

Convertirsi al Natale


Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo”.



Scherza e ridi siamo di nuovo qui a parlare del Natale.
Sarà colpa della crisi, ma mi sembra che, quest'anno, i pubblicitari abbiano deciso di fare una tregua: non si inizia a parlare di panettoni a fine novembre, forse addirittura torneremo a mettere le luminarie a metà dicembre, come è logico.
Sì, la crisi si sente, eccome: per molte famiglie sarà un Natale di tenebra, con la crisi che adesso sta licenziando (con buona pace per i proclami ottimistici dei nostri politici che fanno, ovviamente, i politici). Penso a Marco che ho incontrato oggi, che non va più a lavorare nella sua piccola officina perché dopo i debiti è arrivata la depressione e le crisi di panico, aggiungendo disastro a disastro. Penso a Luisa che per il decimo anno (!) sgobberà per un assegno di ricerca di settecento euro lordi. Cosa dirà il Natale a queste persone? Come sopravviveranno alla retorica buonista dei buoni sentimenti, della festa rigurgitante famiglie felici (che pochi anno) e splendidi abeti addobbati?
Non c'è che un modo: per salvare il Natale dobbiamo riaprire i vangeli.
Si tratta di passare dal Natale finto, festa di compleanno senza festeggiato, al Natale vero, attraverso quel gesto destabilizzante che i Vangeli chiamano
conversione .
Coraggio, allora, devo superare il disagio che ogni anni mi provoca il Natale per cercare, assieme a voi, con voi, per voi, qualche scia di luce.

Natali e sangue
Il primo disagio che provo scaturisce dal fatto che per molti di voi Natale sarà un bruttissimo giorno, il peggiore dell'anno. Per chi è rimasto solo, o vive accanto a qualcuno e comunque è solo, per chi, anziano, andrà a dormire presto, per i tanti non soddisfatti dalla vita, Natale è un pugno nello stomaco: dagli schermi televisivi ci invadono con schiere di famigliole
Mulino Bianco intorno all'albero e al panettone. Il peggior giorno dell'anno. Assurdo.
Questo mi ferisce e ferisce Dio: Natale vero è la notizia di un Dio che si fa povero, diviene ultimo, che occupa l'ultimo posto perché nessuno possa dire "Dio non sa", proprio per riempire di tenerezza ogni ultimo.
E se proprio i poveri hanno una fitta al cuore, amici cattolici, abbiamo - come minimo - un problema di comunicazione.
Il secondo disagio deriva dalla terribile sensazione di scippo che mi prende guardandomi attorno. Occhei: Dio si è fatto dono, perciò ci facciamo dei doni, il buon vecchio san Nicola, amico dei bambini, dopo avere fatto un
restiling ci è stato riproposto nei panni abbondanti del ciccione Babbo Natale, tutti si scordano che l'abete, simbolo magico, è stata "battezzato" aggiungendo le palline di cristallo che ricordano le ostie, la tredicesima è nata apposta per essere spesa, ma a tutto c'è un limite! Questo imperante gossip natalizio, questo buonismo di facciata mi ammazza, credetemi.

Semplificare
Necessitiamo, urgentemente, di riappropriarci del Natale. E questo può avvenire soltanto con l'interiorità e la teologia, con la preghiera e la meditazione. Un mese è poco, lo so, ma possiamo farcela.
La
mission è una sola: vivere il Natale, finalmente, da cattolici.
Convertirci, a partire da noi stessi.

Paure
Non viviamo tempi facili, lo scoraggiamento è alle stelle, la violenza pure. Tra finanziarie, lavori saltuari e una dilagante povertà, tra affetti frantumati e paure di amare rischiamo di crollare e di arrenderci. La paura e l'apatia a volte inquinano le nostre vite e le nostre comunità: sembra prevalere il forte e l'arrogante, ci sentiamo come pesci fuor d'acqua.
E Gesù (tenero!) ci dice: quando accade tutto questo, alzate lo sguardo.
Le fatiche e le prove della vita, sembra dirci il Signore, sono lì apposta per farci crescere, possono diventare un trampolino di lancio, devono aiutarci a conoscere il senso segreto delle cose, il mistero nascosto nei secoli.
Come il grano caduto in terra feconda la terra, così l'Avvento feconda la nostra vita per sbocciare a Natale in una festa di luce.

Pericoli
Ma occorre vigilare, ammonisce Gesù nel Vangelo di oggi. Le dissipazioni, le ubriachezze e gli affanni della vita possono impedirci di vedere, impedirci di vivere.
Le dissipazioni: in un mondo in cui siamo costretti alla frenesia, ritrovare un ritmo di interiorità richiede una forza di carattere notevole. Perché non approfittare di questi giorni per riprendere un quotidiano ritmo di preghiera?
Le ubriachezze: il nostro mondo ci invita a fare esperienza di tutto, a osare, a sperimentare. E alla fine ci ritroviamo a pezzi. Attenti, amici, a non cadere nell'inganno che le sirene del nichilismo ci propongono: abbiamo bisogno di unità, non di frantumazione. E questa scelta compiamola non in rispetto ad una ipotetica scelta morale, ma nella consapevolezza che Dio solo conosce la verità dell'essere.
Gli affanni della vita che esistono e non possiamo eliminare ma solo controllare mettendo al centro la ricerca di Dio e del mio vero io.
Possiamo farcela, Dio ci sostiene, buon percorso di conversione al Natale.  

lunedì 23 novembre 2009

Proposte AVE Avvento e Natale 2009‏

È di nuovo Natale...

Le proposte AVE per Avvento e Natale 2009

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Domenico Sigalini - Ho scommesso su di te! D'amore si muore, di speranza si vive
- pp. 112, € 7,00

Mons. Domenico Sigalini ci offre un'altra selezione di riflessioni sui brani di vangelo delle settimane di Avvento (anno A, B e C) fino alla solennità del Natale.

SUSSIDI DI PREGHIERA PER RAGAZZI DA 6 A 14 ANNI

Vi annuncio una grande gioia 1.
Preghiere per ragazzi 6-11 anni pp. 48, € 3,50

L'angelo Gabriele accompagna i piccoli lettori in un viaggio lungo i giorni dell'Avvento per aiutarli a prepararsi al meglio ad accogliere Gesù che nasce nel mondo, ma anche in ogni casa e in ogni famiglia.

E in più nel cartonato centrale del libro troveranno il coloratissimo Calendario dell'Avvento da ritagliare e costruire, dove scoprire preghiere, personaggi e suggerimenti per prepararsi al meglio alla nascita di Gesù!

Vi annuncio una grande gioia 2.
Preghiere per ragazzi 12-14 anni pp. 48, € 3,50

Protagonisti delle pagine sono i ragazzi, continuamente sollecitati e accompagnati da Sofonia ed altri profeti, che riflettono sulla storia della salvezza: tutto ciò che è accaduto dalla creazione fino alla nascita di Gesù ricorda il grande amore di Dio per l'uomo. E i ragazzi scopriranno di far parte di questa storia!

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SUSSIDIO DI PREGHIERA PER GIOVANI E GIOVANISSIMI

Afferrati da una stella.
Preghiere per i giovani pp. 96, € 4,00

Utile sussidio per i giovani nel tempo forte dell'Avvento-Natale perché, come i Magi, si lascino guidare dalla stella della Parola verso l'incontro con il Salvatore.

Lasciarsi afferrare dalla stella è consegnarsi alla fragilità e alla forza dei sogni.

Vengo anch'io!
Preghiere per i giovanissimi pp. 96, € 3,50

Il libretto accompagna i giovanissimi nel tempo speciale dell'Avvento e Natale, per far loro percepire la presenza discreta di Gesù, che desidera far parte della loro vita quotidiana e renderla davvero meravigliosa.

Per i Vostri ordinativi contattate l’Editrice AVE all’indirizzo di posta elettronica commerciale@editriceave.it,
numero telefonico 06/661321 o al numero verde 800.869.126




domenica 22 novembre 2009

Domenica 22 Novembre 2009 - Solennità di Cristo RE






Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 18,33b-37)

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».


Parola del Signore.
Il regno di Gesù non è paragonabile al regno di questo mondo e ne ha portato la prova più schiacciante: «Se il mio regno fosse di questo mondo i miei combatterebbero per me, invece mi lascio uccidere». Non esiste un regno di questo mondo che non abbia le forze armate! Però il regno di Dio è per questo mondo: è il mondo di Dio che regna nel mondo degli uomini, è l’avere fame della volontà di Dio, è la giustizia di Dio, è il mondo definitivo di Dio in mezzo al mondo degli uomini. Siamo chiamati solo per questo. Tutto il resto è prostituzione. Non vendiamo il Cristo per un piatto di lenticchie, per un piatto di orgoglio, di vanità, di piacere materiale immediato! Il Signore ci ha messo su una strada che è stupenda, portiamola fino in fondo in modo che egli regni, fino al punto che si possa dire: lui vive ma non è lui che vive, è Cristo che vive in lui. Questo è il perfetto regno di Dio, perché Cristo è il regno di Dio in mezzo a noi.

venerdì 20 novembre 2009

FATTI BAMBINO

Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo lungo la via? ”. Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. (Mc 9, 33-37)

Sorpresi come dei ragazzi che tra di loro stanno dicendo parolacce. Sono gli apostoli che discutono chi tra di loro è più importante, più grande, più meritorio, più da tenere in considerazione. Stanno vivendo per una causa con generosità; e, come diceva Gesù, se seguivano Lui non avevano dove posare il capo, ogni giorno una strada nuova, un villaggio, una popolazione da convincere, malati da accogliere, persone da ascoltare. Si stavano spendendo per degli ideali con dedizione, come tanti di noi. Spunta però spesso la prepotenza dell’egoismo, del mettersi al centro, del far ruotare la vita attorno a noi, del dare certamente il nostro contributo alla causa, ma di orientare tutto al nostro tornaconto. E’ raro trovare persone disinteressate nel fare il bene, capaci di vivere nel nascondimento, di mettere a disposizione la propria vita senza averne in cambio alcuna ricompensa. E’ così negli incarichi politici, amministrativi, anche in quelli ecclesiali. E questo agire per i propri interessi avvelena anche le cause migliori.
Gesù, come sempre è maestro di vita e non ci passa sopra soltanto con bonomia, ma vuol aiutare a crescere. Sente gli apostoli parlottare tra loro lungo la strada. Lui sta facendo di tutto per spiegare a loro che la missione cui stanno dando adesione è in salita, che il finale della sua vita non sarà certo americano della serie: e vissero felici e contenti, sta aiutandoli a entrare nel difficile discorso della croce, della disfatta di fronte alla stessa religione di Israele. Infatti diceva loro: Il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno… E loro? Non solo non comprendevano, ma avevano pure paura a chiedergli spiegazioni. E’ come quando stai intuendo una notizia brutta, grave, pesante, che ti destabilizza e ti nascondi dietro un dito, non vuoi conoscerla perché sai che è impegnativa e ti dà dolore. Non solo, ma discutono sui primi posti che sarebbero loro toccati in questo fantomatico regno di cui Gesù ogni tanto parlava.
Non sapevano proprio di che morte dovevano morire!. E Gesù con pazienza prende un bambino, lo mette in mezzo a loro e dice: o diventate così, o siamo proprio fuori del tutto dal regno di Dio. A me non serve gente che vuol primeggiare, che vuol farsi vedere, che si mette al centro a farsi servire: il regno di Dio è per chi è capace di mettersi a disposizione sempre, è di chi si aspetta da Dio tutto come questo bambino; il segreto della vita sta nella semplicità, in un cuore pulito e capace di affidarsi, non in chi sta a conquistare sedie e scranni di potere. Gesù ha preso un bambino come ordine di grandezza, come esempio. Non lo prende perché i bambini sono simpatici, sono buoni, sono semplici, sono obbedienti: tutte pietose bugie. Infatti spesso sono capricciosi, litigano come i grandi, si fanno dispetti, non obbediscono a papà e mamma, continuano a volere di tutto.
Gesù ha messo al centro un bambino perché è colui che non può vivere senza affidarsi al padre. Il bambino si fida ciecamente del papà, lui sa che il papà non lo abbandona mai, quando ha la sua manina nella sua si sente non solo protetto, ma anche orgoglioso di suo padre.
Il regno dei cieli è affidarsi a Dio sempre, come fa un piccolo con suo papà. E questo lo si deve fare anche da grandi, da padri e madri, da laureati e da scienziati. Il segreto della vita lo ha sempre e solo Dio Padre e essere sicuri di stringere la nostra mano nella sua è certezza di non essere mai abbandonati.

Domenico Sigalini

mercoledì 18 novembre 2009

A.C.R. --- Siamo in onda!!!



Domenica 29 novembre torna l'ACR per tutti i bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni.

Inizio alle ore 9.00 con la s.messa, poi giochi e attività varie per concludere verso le 15.30.

Pranzo tutti assieme con la pastasciutta fatta dalle fantastiche cuoche e il secondo portato dai ragazzi.Naturalmente prima di concludere festeggiamenti con le torte delle mamme.


Vi aspettiamo numerosi


Gli educatori ACR


martedì 17 novembre 2009

Promozione associativa


In occasione della Festa dell'adesione all'Azione Cattolica, che si celebrerà martedi 8 dicembre, nelle domeniche 22 e 29 Novembre ci sarà la raccolta delle adesioni presso il patronato.

Clicca sul link per leggere la lettera inviata ai soci e per vedere le quote associative:

http://www.scribd.com/doc/22656873

lunedì 16 novembre 2009

Nuovo blog AC Baone



Dal 16 novembre l'Azione Cattolica di Baone è presente in internet con un nuovo blog
al seguente indirizzo
http://acbaone.blogspot.com/