Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: “Di che cosa stavate discutendo lungo la via? ”. Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. (Mc 9, 33-37)
Sorpresi come dei ragazzi che tra di loro stanno dicendo parolacce. Sono gli apostoli che discutono chi tra di loro è più importante, più grande, più meritorio, più da tenere in considerazione. Stanno vivendo per una causa con generosità; e, come diceva Gesù, se seguivano Lui non avevano dove posare il capo, ogni giorno una strada nuova, un villaggio, una popolazione da convincere, malati da accogliere, persone da ascoltare. Si stavano spendendo per degli ideali con dedizione, come tanti di noi. Spunta però spesso la prepotenza dell’egoismo, del mettersi al centro, del far ruotare la vita attorno a noi, del dare certamente il nostro contributo alla causa, ma di orientare tutto al nostro tornaconto. E’ raro trovare persone disinteressate nel fare il bene, capaci di vivere nel nascondimento, di mettere a disposizione la propria vita senza averne in cambio alcuna ricompensa. E’ così negli incarichi politici, amministrativi, anche in quelli ecclesiali. E questo agire per i propri interessi avvelena anche le cause migliori.
Gesù, come sempre è maestro di vita e non ci passa sopra soltanto con bonomia, ma vuol aiutare a crescere. Sente gli apostoli parlottare tra loro lungo la strada. Lui sta facendo di tutto per spiegare a loro che la missione cui stanno dando adesione è in salita, che il finale della sua vita non sarà certo americano della serie: e vissero felici e contenti, sta aiutandoli a entrare nel difficile discorso della croce, della disfatta di fronte alla stessa religione di Israele. Infatti diceva loro: Il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno… E loro? Non solo non comprendevano, ma avevano pure paura a chiedergli spiegazioni. E’ come quando stai intuendo una notizia brutta, grave, pesante, che ti destabilizza e ti nascondi dietro un dito, non vuoi conoscerla perché sai che è impegnativa e ti dà dolore. Non solo, ma discutono sui primi posti che sarebbero loro toccati in questo fantomatico regno di cui Gesù ogni tanto parlava.
Non sapevano proprio di che morte dovevano morire!. E Gesù con pazienza prende un bambino, lo mette in mezzo a loro e dice: o diventate così, o siamo proprio fuori del tutto dal regno di Dio. A me non serve gente che vuol primeggiare, che vuol farsi vedere, che si mette al centro a farsi servire: il regno di Dio è per chi è capace di mettersi a disposizione sempre, è di chi si aspetta da Dio tutto come questo bambino; il segreto della vita sta nella semplicità, in un cuore pulito e capace di affidarsi, non in chi sta a conquistare sedie e scranni di potere. Gesù ha preso un bambino come ordine di grandezza, come esempio. Non lo prende perché i bambini sono simpatici, sono buoni, sono semplici, sono obbedienti: tutte pietose bugie. Infatti spesso sono capricciosi, litigano come i grandi, si fanno dispetti, non obbediscono a papà e mamma, continuano a volere di tutto.
Gesù ha messo al centro un bambino perché è colui che non può vivere senza affidarsi al padre. Il bambino si fida ciecamente del papà, lui sa che il papà non lo abbandona mai, quando ha la sua manina nella sua si sente non solo protetto, ma anche orgoglioso di suo padre.
Il regno dei cieli è affidarsi a Dio sempre, come fa un piccolo con suo papà. E questo lo si deve fare anche da grandi, da padri e madri, da laureati e da scienziati. Il segreto della vita lo ha sempre e solo Dio Padre e essere sicuri di stringere la nostra mano nella sua è certezza di non essere mai abbandonati.
Sorpresi come dei ragazzi che tra di loro stanno dicendo parolacce. Sono gli apostoli che discutono chi tra di loro è più importante, più grande, più meritorio, più da tenere in considerazione. Stanno vivendo per una causa con generosità; e, come diceva Gesù, se seguivano Lui non avevano dove posare il capo, ogni giorno una strada nuova, un villaggio, una popolazione da convincere, malati da accogliere, persone da ascoltare. Si stavano spendendo per degli ideali con dedizione, come tanti di noi. Spunta però spesso la prepotenza dell’egoismo, del mettersi al centro, del far ruotare la vita attorno a noi, del dare certamente il nostro contributo alla causa, ma di orientare tutto al nostro tornaconto. E’ raro trovare persone disinteressate nel fare il bene, capaci di vivere nel nascondimento, di mettere a disposizione la propria vita senza averne in cambio alcuna ricompensa. E’ così negli incarichi politici, amministrativi, anche in quelli ecclesiali. E questo agire per i propri interessi avvelena anche le cause migliori.
Gesù, come sempre è maestro di vita e non ci passa sopra soltanto con bonomia, ma vuol aiutare a crescere. Sente gli apostoli parlottare tra loro lungo la strada. Lui sta facendo di tutto per spiegare a loro che la missione cui stanno dando adesione è in salita, che il finale della sua vita non sarà certo americano della serie: e vissero felici e contenti, sta aiutandoli a entrare nel difficile discorso della croce, della disfatta di fronte alla stessa religione di Israele. Infatti diceva loro: Il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno… E loro? Non solo non comprendevano, ma avevano pure paura a chiedergli spiegazioni. E’ come quando stai intuendo una notizia brutta, grave, pesante, che ti destabilizza e ti nascondi dietro un dito, non vuoi conoscerla perché sai che è impegnativa e ti dà dolore. Non solo, ma discutono sui primi posti che sarebbero loro toccati in questo fantomatico regno di cui Gesù ogni tanto parlava.
Non sapevano proprio di che morte dovevano morire!. E Gesù con pazienza prende un bambino, lo mette in mezzo a loro e dice: o diventate così, o siamo proprio fuori del tutto dal regno di Dio. A me non serve gente che vuol primeggiare, che vuol farsi vedere, che si mette al centro a farsi servire: il regno di Dio è per chi è capace di mettersi a disposizione sempre, è di chi si aspetta da Dio tutto come questo bambino; il segreto della vita sta nella semplicità, in un cuore pulito e capace di affidarsi, non in chi sta a conquistare sedie e scranni di potere. Gesù ha preso un bambino come ordine di grandezza, come esempio. Non lo prende perché i bambini sono simpatici, sono buoni, sono semplici, sono obbedienti: tutte pietose bugie. Infatti spesso sono capricciosi, litigano come i grandi, si fanno dispetti, non obbediscono a papà e mamma, continuano a volere di tutto.
Gesù ha messo al centro un bambino perché è colui che non può vivere senza affidarsi al padre. Il bambino si fida ciecamente del papà, lui sa che il papà non lo abbandona mai, quando ha la sua manina nella sua si sente non solo protetto, ma anche orgoglioso di suo padre.
Il regno dei cieli è affidarsi a Dio sempre, come fa un piccolo con suo papà. E questo lo si deve fare anche da grandi, da padri e madri, da laureati e da scienziati. Il segreto della vita lo ha sempre e solo Dio Padre e essere sicuri di stringere la nostra mano nella sua è certezza di non essere mai abbandonati.
Domenico Sigalini